Molte persone coltivano ancora i castagni come un tempo, altre invece si sono adeguate ed hanno introdotto nuovi metodi di lavorazione, nuovi strumenti e nuovi tipi di innesto.
Soprattutto però è cambiata la produzione di castagne: negli anni venti la produzione nazionale era di 600.000 tonnellate, negli anni novanta di 70.000.
In valle di Susa la produzione degli anni venti era di 2.100 tonnellate contro le 500 degli anni novanta.
Questa diminuzione è stata causata da un lato dallo spopolamento delle zone di montagna e dalla diminuita importanza dei frutti del castagno come alimento e dall’altro dai danni provocati da un parassita del castagno che causa una malattia chiamata CANCRO della corteccia. Il patogeno è comparso nel 1938 in America, dove ha fatto seccare tutte le piante di castagno. Il legno, tagliato, è giunto anche in Italia, via nave, nel porto di Genova, ma con esso è giunto anche il parassita del cancro della corteccia che, negli anni 1950-60, ha colpito i castagni italiani, con forme anche molto virulente che attaccavano i rami giovani facendoli seccare.
Con il tempo la malattia si è evoluta, colpendo le piante in modo meno intenso, così che lentamente la coltivazione è ripresa.
A questo proposito oggi per proteggere i rami appena innestati si copre l’innesto con una cera che non solo limita l’evaporazione dell’acqua, ma contiene un medicamento che li protegge da questo parassita.
Anche oggi come un tempo i castagni vanno irrigati e si fa sempre nello stesso modo, prendendo l’acqua dai torrenti attraverso una rete di canali e canaletti.
La grande differenza rispetto ad un tempo è la potatura che non è più affidata all’opera dei “disbatur” o “basoulou” al momento della raccolta dei ricci. La potatura si effettua nel periodo invernale, dicembre-marzo. È un’operazione importante per rinvigorire e rinnovare le piante vetuste e risanare quelle malate, è effettuata generalmente da maestranze specializzate, infatti è un’operazione che richiede buona conoscenza teorica, notevole specializzazione e lunga pratica. Una cattiva potatura compromette notevolmente le possibilità di raccolto. La potatura è necessaria per dare la forma alla pianta, perché prenda luce e calore.
Il castagno è una pianta eliofila quindi ha bisogno che tutti i rami prendano la luce del sole. Si inizia dalla cima del castagno e poi si procede verso il basso con lo scopo di liberare la pianta dai rami secchi, così che ringiovanisca e dia più frutti. Perché il taglio si rimargini bene è importante la disinfezione dello stesso con mastici appositi, con additivi biologici, studiati dal professor Turchetti, fitopatologo dell’Istituto per la Protezione delle Piante del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Firenze.
Si sale sull’albero usando scale di alluminio con un imbracatura di sicurezza a cui si aggancia tutto il necessario per la potatura. Ad essa si appendono anche corde e moschettoni e gli strumenti che serviranno a scendere dall’albero, come il discensore, la maniglia Jumar o un attrezzo meno costoso, chiamato otto, in cui si fa scorrere la corda, ma che non ha blocchi o sicurezze come i precedenti. Buona parte di questa attrezzatura è presa dal materiale usato dagli alpinisti.
Il potatore indossa anche casco, occhiali protettivi, guanti e, se utilizza la motosega, dei pantaloni di un tessuto antitaglio. Per potare si può anche, utilizzare lo svettatoio, un seghetto con il manico che si prolunga fino a 4 metri, che permette di tagliare i rami più lontani.
Giunti in primavera, c’è il problema del taglio dell’erba, poiché ormai è rarissimo che questo compito venga lasciato alle mucche e generalmente si usa il decespugliatore . Esso offre il vantaggio di tagliare l’erba molto corta e di sminuzzarla, così che poi non si raccoglie ma si lascia sotto gli alberi e servirà come concime. Esso ha un’imbracatura a spalla e, durante l’utilizzo, si deve indossare una visiera protettiva perché può sollevare delle pietre e lanciarle anche lontano.
Con l’autunno arriva il momento della raccolta, che non si fa più con l’aiuto dei “disbatur”, ma a mano, raccogliendo le castagne via via che cadono dall’albero. L’ abbacchiatura di un tempo era un metodo pericoloso sia per l’uomo, costretto il più delle volte ad arrampicarsi su alberi molto alti, sia per la pianta, poiché le percosse delle pertiche provocavano ferite e rotture ai rami con conseguenze sulla produzione dell’anno successivo e sul dilagare del cancro corticale trasmesso attraverso le ferite stesse.
Per questi motivi questa abitudine è stata quasi del tutto abbandonata, per lo più oggi la raccolta avviene manualmente attendendo la naturale caduta a terra del frutto. Si utilizzano pinze simili a quelle di un tempo. Sembra che un buon raccoglitore sia in grado di raccogliere da 10 a 20 Kg di prodotto ogni ora.
Ci sono anche macchine per la raccolta delle castagne: grossi aspiratori che si attaccano al trattore, raccolgono i ricci e le castagne e li separano, ma si possono utilizzare solo nei poderi particolarmente estesi e pianeggianti.
La scomparsa della ricciaia è dovuta al fatto che oggi le castagne si vogliono consumare subito e quindi vengono raccolte e via via vendute.
Prima però si sottopongono alla curatura, cioè l’uccisione dei parassiti non più con la ricciaia, ma mettendo a bagno le castagne per un periodo di cinque giorni in un recipiente che non deve essere di ferro (altrimenti le castagne si ossidano e diventano nere). Un tempo questo trattamento si chiamava novena perché le castagne erano lasciate a bagno per nove giorni, durante i quali però si doveva cambiare l’acqua.
Terminati i cinque giorni, le castagne si fanno seccare, vengono scelte con il vaglio e vendute generalmente attraverso delle cooperative che raccolgono tutto il prodotto della zona e si occupano poi di smerciarlo.
Oggi comunque un grande aiuto alla conservazione è dato dal freddo: i marroni surgelati sono ottimi, non perdono il sapore e possono essere cotti senza essere scongelati, li si può lessare o abbrustolire incidendoli già prima di congelarli.
Terminato il periodo della raccolta ci si deve ancora occupare delle foglie e dei ricci che vengono ammucchiati con i rastrelli o con l’aiuto del soffiatore e bruciati.
Oggi alcuni stanno anche iniziando a praticare la triturazione ed il compostaggio.