Chiesa Parrocchiale – Cappella di Loreto – Cappella delle Vigne – Castello dei conti Carroccio – Cappella di Sant’Anna – Cappella di San Rocco – Cappella della Comba – Cappella di Santa Lucia – Palazzo Perron – Casaforte (il Palais) – Cascina Roland, Posta di Roland, Giaconera – Cappella del Pian dell’Orso – Certosa di Monte Benedetto – Certosa di Banda
Vero gioiello d’architettura è la Chiesa Parrocchiale, dedicata a Maria Vergine Assunta: costruita negli anni dal 1718 al 1731, merita attenzione per la concezione “d’armoniosa genuinità” che ne hanno ispirato la creazione su probabile disegno della scuola dello Juvarra.
Fu eretta alla sommità del paese per evitare il pericolo delle ricorrenti alluvioni che avevano danneggiato irreparabilmente, nel 1473, l’antica chiesa situata nei pressi dell’attuale piazza Abegg.
Edificata per l’interessamento del conte Pietro Ignazio Carroccio, è un esempio notevole di barocco settecentesco; la facciata, solenne ed elegante, in cui spicca il bel portale ligneo intagliato, ha carattere rustico per l’assenza d’intonaco di rifinitura.
Degno di nota, oltre alle decorazioni risalenti al 1885, è l’imponente organo di cui è dotata.
Il territorio di Villar Focchiardo è cosparso di piloni e cappelle votivi. Di queste ultime, se ne possono contare ben 14, in parte disseminate sulle pendici della montagna e le altre presenti in paese.
A pochi passi dalla Chiesa Parrocchiale, si può incontrare la Cappella di Loreto, cappella privata dei conti Carroccio. E’, infatti, localizzata non lontano dal loro Castello, utilizzato quale dimora estiva e per questo abbellito in stile barocco dal conte Pietro, senatore, che acquistò nel 1655, la maggior parte di Villar Focchiardo. La facciata della cappella dei Carroccio era, in origine, decorata con affreschi, in parte cancellati nel 1700, durante l’occupazione francese.
Fu utilizzata come parrocchiale durante gli anni d’edificazione della stessa, come pure il Santuario Madonna delle Grazie, conosciuto in paese come Cappella delle Vigne, poiché, prima delle alluvioni, sorgeva su un declivio coltivato a vigneti.
Il castello dei conti Carroccio fu costruito nello XV secolo, in seguito alla famosa devastazione di parte del Palais provocata dallo straripamento del Gravio nell’anno 1473, sui resti di una precedente casaforte citata nei documenti più antichi, ma mai localizzata con precisione E’ stato chiamato “castello”, anche se di tali caratteristiche ha ben poco, perché il progetto iniziale concordato tra i diversi feudatari, consignori di Villar Focchiardo, sarà stato senz’altro di costruirlo con quell’intento. Ma poi le cose sono cambiate man mano che il feudalesimo stava modificandosi Si tratta di una massiccia costruzione a pianta rettangolare, destinata in origine a sede giurisdizionale del feudo, nonché a dimora temporanea del feudatario. Dal secolo XVIII l’edificio fu ulteriormente ingentilito, con la realizzazione di una facciata barocca e la sua funzione diventò esclusivamente quella di dimora temporanea legata alla presenza della famiglia nella stagione estiva. L’ultima famiglia ad avere giurisdizione e feudo in Villar Focchiardo furono i conti Carroccio che provenivano dal canavesano. Quando, però, le proprietà del feudo e del Castello furono investite unicamente ai Carroccio nel 1653, essi ne fecero una signorile dimora estiva. Venne abbellito e trasformato in villa signorile, e la facciata a mezzogiorno, ossia verso la montagna, artisticamente sistemata in stile barocco. L’interno fu adeguatamente adattato, specialmente il salone al piano terreno, con artistiche vetrate, pavimenti in mosaico, stucchi e decorazioni ai soffitti ed alle pareti. Il parco-giardino era sistemato a sud-est dell’edificio, il terrapieno era sostenuto da alti muraglioni coperti con grossi lastroni di pietra scalpellinata, in parte tutt’ora esistente, ove ci sono attualmente degli orti e degli edifici privati.
Ancora poco distante dalla Chiesa parrocchiale, nella borgata Castagneretto, la Cappella di Sant’Anna, dedicata ai Santi Anna e Gioacchino, genitori della Madonna, raffigurati sulla facciata con dipinto risalente al 1841, poi rifatto, negli anni ’70, da un villarfocchiardese.
Scendendo verso la parte bassa del paese, si trova la Cappella di San Rocco, ora completamente circondata d’abitazioni, mentre, al momento della costruzione, era situata fuori dell’abitato.
Si presume che, durante le epidemie di peste e colera, qui si curassero gli ammalati: San Rocco è, infatti, il Santo che dedicò la vita agli incurabili, morendo lui stesso di peste.
La Cappella della Comba, dal nome dell’omonima borgata, è, invece, dedicata a San Barnaba apostolo ed è stata benedetta nel 1714.
All’interno un crocefisso che, si racconta, sia stato donato dal re Carlo Alberto al “suo fido Rumiano”, gentiluomo di corte.
E’ l’unica cappella dotata di un campanile con orologio, che risuona scandendo il tempo, facendo eco alle campane della parrocchiale.
In un angolo di paese apparentemente uscito da una fiaba, benché la località sia denominata Inferno, sorge la Cappella di Santa Lucia.
Si tratta di una cappella votiva, ad oggi privata, dedicata alla patrona degli scalpellini.
Costruita nei primi anni dell’800, al momento dell’espansione dell’arte dei “pica-pera”, gli scalpellini appunto, che estraevano e lavoravano la pietra.
Tornando nella parte centrale del paese, di fronte alla Cappella delle Vigne, si può osservare Palazzo Perron, ora residenza privata, costruita intorno al 1810, già utilizzata quale convento delle Suore Orsoline. L’originaria tenuta, oltre all’attuale parco, comprendeva anche l’intera piazza Abegg.
All’interno del parco è conservata la “ghiacciaia”, una costruzione esterna al Palazzo, utilizzata per la conservazione del ghiaccio.
L’attuale struttura ad igloo in pietra, oltre al corpo centrale d’origine, si avvale d’ampliamenti successivi, richiesti dal commendator Poccardi.
Nel Palazzo la cosiddetta “stanza del principe”, che ha ospitato Umberto di Savoia in visita a Villar Focchiardo.
Localizzata poco lontano, ma con un salto temporale che riporta ai visconti di Baratonia, divenuti anche visconti di Villar Focchiardo, l’antica “Casaforte”, oggi detta “il Palais”.
La costruzione risale probabilmente a non prima del 1090, anno in cui il visconte Bruno di Baratonia cessò l’incarico di vice-conte di Torino e fu investito del feudo di Villar Focchiardo. Il “palais” è stato certamente edificato nel XII secolo, pare a ridosso di una preesistente “torre di segnalazione”, come ve ne erano molte altre in Valle di Susa: Mattie, Meana, Bussoleno, Borgone, Condove, Sant’Ambrogio, Torre del Colle, Avigliana, ecc. Nel 1342 la casaforte fu restaurata dal suo proprietario di allora, Giovanni Bertrandi “domicello”, figlio di Giovanni Bertrandi, il successore dei Baratonia, utilizzando orditura in legno d’abete venduta dal priore della Certosa di Montebendetto, Francesco Bertrandi, suo cugino.
La casaforte si affaccia all’interno di un cortile nella zona centrale di Villar Focchiardo. Il prospetto verso la strada risulta attualmente irriconoscibile, a seguito di un’operazione di ristrutturazione che ne ha alterato l’identità, ma la facciata interna, seppur anch’essa molto compromessa a causa di un incendio avvenuto nel corso del XIX secolo, presenta ancora alcuni elementi dell’antica fortificazione nel muro perimetrale, pericolante. L’edificio, che nei secoli fu abitato da numerose famiglie e attualmente viene utilizzato come deposito, era composto da tre piani fuori terra, solai lignei e pareti interne intonacate. I merli a coda di rondine, con fori tondi, oggi murati, appaiono molto degradati. All’interno della costruzione si trova un secondo muro interamente in cotto, ad esso adiacente, realizzato per consolidare quello esterno. In sostituzione delle feritoie, sono state inserite alcune finestre con serramenti in legno.
Lungo la ex ss 24, Cascina Roland, Posta di Roland, Giaconera.
Sembra che tutti e tre i fabbricati fossero in origine delle “casforti”, ossia delle modeste fortificazioni, sia per il tipo di costruzione, sia per la posizione del luogo in cui sorsero, sia per l’uso a cui erano destinati. Nei documenti si riscontrano denominazioni indifferentemente applicate le une alle altre, come Giaconera, Cassaforte Giaconera, Colombaro, Cascina Giaconera, Posta della Giaconera, Posta di Roland, Giaconera superiore, Cassaforte di Roland, Cascina di Roland. E’ possibile azzardare l’ipotesi che nei tempi antichi tutta la zona, nella quale sorgono queste tre modeste fortificazioni, a cavlallo dell’asse stradale, in corrispondenza di un incrocio e presso un ponte, fosse denominata “Jaconeriam” (La Giaconera) e che comprendesse le attuali Giaconera, Posta di Roland e Cascina Roland.
Per Cascina Roland la presenza di una prima casaforte è probabilmente collegata ai Visconti di Baratonia, a cui nel XIII secolo si unirono in co-signoria i Reano, i de Clusa e i de Iallono.
La casaforte è situata, in corrispondenza del 40° chilometro della SS.25 lungo l’antica via Francigena .la denominazione di Cascina Roland è dovuta forse alla sua vocazione agricola prima ancora che di fortificazione.
La “casa Roland” è attualmente diventato un centro polifunzionale dove le parti laterali sono costituite da alloggi ristrutturati, area museale. Le facciate sono caratterizzate da finestre ogivali con cornici in mattoni sagomati ed inoltre riportano alcune tracce di antichi affreschi. Al di sopra del cancello di ingresso e sul lato orientale del recinto si riconoscono i resti della cinta merlata, che testimonia il carattere difensivo della cascina. Di tutto il complesso, le parti conservatesi dell’antica fortificazione sono solamente quelle costituenti la cinta muraria esterna. All’esterno il famoso e leggendario “masso di Roland”.
La Giaconera, benché l’attuale aspetto esterno non lo dimostri, è da considerare il più antico del gruppo dei tre fabbricati in questione, per lo meno in riferimento allo spazio chiuso e fortificato su cui venne costruito inizialmente e ricostruito ed ampliato in seguito. E’ probabile che la parte della Giaconera definita “cassaforte” fosse abbinata al cosiddetto “Feudo dei Palais”. In un documento del 1696 si rileva che la parte est della Giaconera era di proprietà dei conti Cauda di caselette, e la parte ad ovest dei conti Carroccio-Fiochetto. Nel tempo la denominazione “Giaconera” scompare e subentra quella di “Colombaro”, perché nella parte adibita a “Cassaforte” era stata certamente installata una colombaia, privilegio gelosissimo dei feudatari. Più tardi la denominazione “Colombaro” era data ai terreni circostanti, mentre invece il fabbricato riprese il nome di “Giaconera”.
Fuori dal paese si trova invece la Cappella del Pian dell’Orso.
Il Pian dell’Orso è un pianoro a 1850 m di quota, all’interno del Parco Orsiera, dominato dalla pittoresca cappella della Trasfigurazione di Gesù sul Tabor. La cappella venne costruita per adempiere ad un voto fatto da un abitante di Villar Focchiardo intorno al 1842. Si attribuisce la costruzione della cappella di Pian dell’Orso all’iniziativa di Antonio Montabone che avrebbe edificato la cappella per assolvere a due voti fatti in particolare necessità quando il suo bestiame, unica fonte di sostentamento, fu colpito dal male del carbone e quasi completamente distrutto. Nello stesso periodo gli morì anche la moglie e rimase solo con nove figli a cui badare. Abbattuto da simili calamità promise che se la moria del bestiame si fosse fermata e se avesse trovato un’altra madre per i suoi figli avrebbe costruito una cappella a Pian dell’Orso per ringraziare il Signore della grazia ricevuta. Tutto andò come suo desiderio e, con l’aiuto della popolazione, mantenne fede al voto.
La festa della cappella si tiene sempre ogni anno ad inizio agosto.
Ed infine, le certose.
La certosa di Monte Benedetto
La Valle di Susa, una delle più importanti vie di transito dell’Europa medioevale, e, come tale, incrocio di grandi correnti di comunicazione, fin dall’alto medioevo aveva contenuto diversi modelli di esperienza monastico-religiosa. L’aspirazione a una vita appartata, propria dell’ordine religioso, in cui la componente eremitica ha forte rilievo, fa sì che la prima sede scelta come dimora dai certosini sia Losa, zona impervia posta sopra Susa. Sebbene non ci sia l’atto formale di fondazione della certosa, la documentazione pervenutaci basta ad informarci che l’iniziativa di dar vita a questo nuovo ente religioso in valle fu di Tommaso I di Savoia che, tra il 1189 e il 1191, donò a una comunità certosina alcune terre sopra Susa. I monaci di Losa nel 1197 chiesero ed ottennero di poter trasferire la propria sede nella zona di Monte Benedetto, nei pressi di Villarfocchiardo. Nel suo complesso la Certosa di Monte Benedetto è vissuta poco più di due secoli e mezzo, dal 1198-1200, data dalla quale vi entrarono i certosini provenienti da Losa, fino al 1468-1473, quando i certosini l’abbandonarono a causa di drammatiche condizioni ambientali, causate da inondazioni e smottamenti provocati dal rio della Sega e dal rio delle Fontanelle. Solo nel 1498 i monaci di Monte Benedetto furono autorizzati ad abbandonare l’antica dimora e recarsi a Banda nelle celle già esistenti. Lo spostamento a Banda segna l’inizio di un periodo di crisi finanziaria per la Certosa, né la sua ripresa è facilitata dalle vicende belliche che coinvolgono la Valle di Susa nel corso del XVI secolo con scontri tra eserciti spagnoli e francesi, a cui i Savoia partecipano come alleati ora dell’una, ora dell’altra parte. Il monastero certosino deve affrontare nel giro di un secolo e mezzo vari mutamenti di sede: da Avigliana,a Banda nel 1630, al monastero di Novalesa. Grazie all’intervento della duchessa Cristina di Savoia, i monaci di Montebenedetto ottengono infine di collocare la propria residenza a Collegno dove conoscono un nuovo periodo di splendore spirituale ed economico. Nel 1829 re Carlo Felice affida loro il compito di provare a rivitalizzare il monastero di S. Michele della Chiusa, tentativo abbandonato già tre anni dopo per l’incapacità di porre freno alla crisi dell’antica e famosa abbazia. A Collegno i certosini rimangono fino al 1855, anno in cui viene decretata per volere regio la soppressione di varie comunità religiose.
Secondo la tipologia certosina, la certosa o “casa alta”, era accompagnata dalla correria o “casa bassa”, i cui resti si trovano più in basso, a circa 1 km dalla conca della Certosa, lungo la mulattiera che parte da Villar Focchiardo e che era la strada antica; proseguendo oltre la correria, si incontra anche un piccolo edificio, che poteva essere abitato un tempo da un converso, guardiano della strada di accesso alla Certosa, come il guardiano-fatte le debite proporzioni- sulla strada della Grande Chartreuse , casa madre e riferimento di tutte le certose. La chiesa si presenta a navata unica, orientata, illuminata da tre finestre per lato, a profonda strombatura e arco a sesto pieno. L’abside è piatta, come usava più frequentemente nel mondo certosino rispetto all’abside semicircolare; la facciata è forata da una grande finestra romanica e da una massiccia porta con stipiti di pietra e un monolito per architrave; in origine l’ingresso era preceduto da un portico, come indicano le mensole a rostro.
La certosa di Banda
La certosa di Banda fu fondata da Enrico II di Baratonia nel 1206, ma il suo massimo splendore lo visse quando i certosini si trasferirono da Monte Benedetto a seguito delle difficili condizioni di vita a causa dei frequenti straripamenti del rio della Sega e del rio delle Fontanelle che scorrevano ai lati della Certosa stessa. Il priore di Montebenedetto, non molto tempo prima del trasferimento, aveva infatti fatto costruire cinque celle e qualche edificio accessorio, ma già in precedenza, essendo Banda diventata molto importante ai fini produttivi e di servizio, si costruirono camere per i conversi, un chiostro (dal 1435) e una piccola foresteria. Senza dubbio la chiesa doveva essere adatta alle pratiche religiose dei conversi presenti, del priore e del procuratore quando vi si recavano. Con il trasferimento a Banda, altre costruzioni furono adattate agli usi certosini, ma Banda non assunse mai l’aspetto di una Certosa ben definita, rimanendo molto simile alla configurazione di una Certosa primitiva e di una grangia. La particolare morfologia di questa grangia-Certosa la rende unica nel suo genere. La chiesa orientata è ad aula unica con volta a botte, presenta un’ abside piana aperta da una bella finestra trilobata ed è coperta da una volta a crociera gotica, con costoloni poggianti su colonne addossate, i cui capitelli portano decorazioni antropomorfe fortemente espressionistiche. La facciata della chiesa è aperta da una finestra quadrata, molto rimaneggiata; e non presenta portale d’ingresso. L’interno della navata è occupato da un coro ligneo semplicissimo, con stalli chiusi da baldacchini profondi, appoggiato sulle pareti, di cui è stata ipotizzata la provenienza di Monte Benedetto.
Vedi anche Una passeggiata per Villar